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ACCANIMENTO TERAPEUTICO.

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12/06/2020 00:00
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Cara Dottoressa, si parla tanto di accanimento terapeutico su pazienti affetti da gravi malattie ma per i nostri animali non dovrebbe valere la stessa cosa? Il mio cane, di grossa taglia, ha sofferto di tutto e di più; artrosi, tumori vari, anche ad una mammella, cisti, ora ha compiuto 8 anni e ha un nuovo tumore ad utero ed ovaie; il veterinario ha proposto di operarlo. Che cosa ne pensa? Forse non dovremmo lasciar andare, ad un certo punto, anche i nostri amici animali, invece di sottoporli ad interventi chirurgici continui? Lo stesso discorso vale per i gatti. Al gatto di una mia amica, che ha 17 anni, hanno levato tutti i denti, oltre ad un occhio a causa di un tumore e…. non so quant’altro.
Grazie per la risposta e cari saluti.
Nicoletta dalla Germania.

Cara Nicoletta, usiamo spesso il termine di “accanimento terapeutico”, a mio avviso, in maniera impropria. Per essere più precisa ho ricercato in rete la dicitura che riporta come definizione: eccesso nelle cure, che non hanno una reale utilità o che sottopongono il paziente a eccessiva sofferenza, considerando che sono le cure a essere inutili, mai la persona curata.
Viene spontaneo quindi pensare che “se non cura non è terapia“,quindi di conseguenza non è corretto usare il termine terapia, così come l’associazione dei due termini “accanimento” e “terapia” crea quello che viene definito ossimoro, cioè due parole che esprimono esattamente due cose contrarie.
Sia in campo umano che in quello veterinario è piuttosto improbabile che ci sia un medico che si accanisca a curare un paziente quando ormai è chiaro che non serve più farlo, ma al tempo stesso sarebbe poco etico demordere al primo insuccesso terapeutico.
In teoria, in maniera molto soggettiva, un medico può decidere di porre fine alle terapie “quando la vita del malato ha una qualità che non merita di essere prolungata continuando a curare la sua malattia”.
Io per prima, di fronte a questa domanda che mi viene fatta dal proprietario di un animale che non sa decidere quando è il momento giusto per sospendere le terapie o addirittura addormentare un animale, consiglio loro di guardare gli occhi perchè, secondo me, sono gli stessi animali a chiederlo.
Sarà una mia visione molto romantica di questo argomento così duro e difficile, ma, in 25 anni di professione, credo di aver sempre scelto ed aiutato a scegliere, nel momento opportuno.
Un vantaggio in medicina veterinaria è che, quando ci sono tutti i presupposti per farlo, si può eseguire l’eutanasia nel momento in cui la qualità della vita del nostro fedele compagno di vita non è più ottimale.

……..

Per quanto riguarda la sua cagnolona di 8 anni capisco benissimo che sottoporla ad un nuovo intervento è stressante per entrambe, ma purtroppo queste sono classiche patologie dei soggetti anziani e ci si ritrova spesso ad affrontarli in questa fascia di età. Posso però rincuorarla dicendole che oggi, più di quanto si facesse 10 o 20 anni fa, lo screening clinico e diagnostico che si esegue prima di ogni intervento ci ha permesso di ridurre al minimo i rischi anestesiologici e la terapia del dolore che si esegue prima, durante e dopo l’intervento, elimina il dolore a tal punto che vedrà una cagnolina serena che riprenderà le sue normali abitudini in pochissime ore.
Io non ho mai creduto che l’età anagrafica di un nostro animale sia un limite per loro stessi. Ad ogni età corrispondono delle patologie ( ovviamente tranne eccezioni ) e i protocolli medici e chirurgici, sempre più affidabili, ci permettono di affrontarli e spesso di risolverli al meglio. Cara Nicoletta per non dilungarmi eccessivamente le dico che a volte mi capita di riscontrare delle titubanze da parte dei proprietari di animali un pò più anziani e chiedo sempre loro di far finta per un attimo di essere il cane o il gatto di turno e dirmi cosa vorrebbero che il loro proprietario facesse e, le assicuro che puntualmente scelgono di dar loro un’altra chance.
Io credo che una chance non debba esser negata a nessuno, ovviamente nel rispetto del benessere dell’animale e, nel caso in cui è palese la sofferenza del proprio compagno di vita e non c’è null’altro da fare, allora la scelta di addormentarlo è secondo me l’atto di bontà più sofferente da prendere ma necessario per il proprio pet.

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